Centro Alberto Manzi

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Tommaso Gangai
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

29 settembre 2015

Gentili Signori, Spettabile Istituto,Sono Tommaso Gangai, classe 1961 e Vi trasmetto questa mia mail dalla città dove vivo, Barletta. 
Vi riporto una mia testimonianza. 
All’età di tre anni ho cominciato a leggere e scrivere in stampatello maiuscolo, solo seguendo una famosissima trasmissione televisiva, per l’appunto “Non è mai troppo tard”, condotta dal Maestro Alberto Manzi. 
Non sono mai stato un genio, né un “bambino prodigio”; pertanto la mia è soltanto l’attestazione del fatto che un bimbo, seppure in età abbondantemente pre-scolare, possa imparare a leggere e scrivere, anche se in maniera molto semplice e senza alcuno sforzo. 
Un enorme plauso va quindi al Maestro, alla Sua genialità ed alla Sua infinita modestia. Un uomo di altri tempi … 
La mia personale esperienza vuole evidenziare che si possa e si debba tornare a parlare dell’insegnamento in modo sano ed afficace, cercando di sfruttare meglio il mezzo televisivo, del quale tutti noi conosciamo le enormi potenzialità. 
Ben vengano anche altri mezzi di informazione, come, ad esempio Internet (insegnamento a distanza, e-books), affinchè si possano educare i nostri figli in maniera profiqua e costruttiva. 
Vanno bene i cartoni animani, gli “Art-attack” e le trasmissioni amene, ma mi auguro, dal profondo del cuore, che le nuove generazioni possano sfruttare pienamente gli enormi mezzi che la tecnologia attuale mette loro a disposizione (n.b.: noi “ragazzi degli anni ’60” avevamo solo il Programma Nazionale e la Seconda Rete) per creare una società migliore, fatta di uomini migliori e, auguro loro, anche migliori di noi. 
Scrivo questa mia mail solo oggi e di ciò ho un grande rammarico: sono passati tanti anni, ma il ricordo del Maestro è sempre vivo nel mio cuore e nella mia mente; un Grande come pochi. 
Purtroppo, e a me ne duole, non ho mai avuto il coraggio di scrivergli personalmente, per ringraziarlo per ciò che ha fatto per me e per tante altre persone che hanno avuto il piacere e l’onore di conoscerlo, anche se solo attraverso il tubo catodico. 
Mi vien da dire, parafrasando, “Adesso è troppo tardi”. 
Vogliate girare questa mia mail alle persone che gli sono state vicine ed a coloro che lo hanno apprezzato. 
Un grazie a Voi per la Vostra pazienza nel leggere questa mia lettera e ed uno al Grande Maestro Alberto Manzi. Cordiali SalutiTommaso Gangai
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Michael Sfaradi
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

24 settembre 2015

Navigando sul sito del Maestro Manzi mi sono trovato nei ricordi dei suoi allievi, anche se io ho frequentato il corso B del maestro Castagna dal 1967 al 1971 presso la scuola Fratelli Bandiera di Roma. Nel mio ricordo personale c’è che le aule erano adiacenti e che il mio maestro ed il maestro Manzi, oltre che essere colleghgi erano anche amici. Ricordo con tanta nostalgia il mio primo di libro di scuola “Il mondo è la mia patria” sul quale ho imparato a leggere e scrivere in italiano; le altre lingue sono  arrivate con il tempo e il solo fatto che Alberto Manzi avesse scritto lui il libro sul quale noi studiavamo trasformò nella mia mente di bambino quell’uomo in un mito. Il Maestro Manzi ed il Maestro Castagna facevano spesso lezione sul corridoio, pretendendo che noi alunni cci mischiassimo come fossimo una classe unica con due maestri. Non potevamo saperlo all’epoca, ma erano i primi esperti di didattica diversificata per una formazione che non fosse ingessata sui programmi ministeriali. Il Maestro Manzi era famoso, lo vedevamo in televisione, e per questo ogni sua parola o ogni sua spiegazione erano per noi bambini dei tesori da apprendere e da conservare, soprattutto per noi che non avevamo la fortuna di averlo in cattedra ogni giorno. La prima volta che entrai in una piscina, in una struttura che si chiamava “Policlino Italia”, fu quando i due maestri decisero di farci passare la paura dell’acqua era la prima volta che non toccavo il fondo con i piedi ed ero terrorizzato. Solo il sorriso dei due maestri ed i loro gesti d’incoraggiamento mi convinsero a lasciare il bordo e a lasciarmi andare, non mi vergogno a dire che avrei voluto avere quel incoraggiamento tante e tante altre volte nel corso della mia vita. Dopo aver conseguito la licenza elementare e quella media ho avuto modo di conoscere il Maestro Manzi in maniera diversa, non da allievo da ma uomo a uomo  e questa conoscenza mi ha arricchito molto più di quello che avevo potuto apprendere durante le lezioni miste. L’occasione di poter parlare con lui a 4 occhi mi fu data dal fatto che il Maestro Manzi aveva un bellissimo cane lupo che portava a spasso in un bellissimo giardino che si chiamava Villa Massimo, non lontano da Piazza Bologna in Roma, e anche io all’epoca avevo un lupo cecoslovacco che si chiamava Wolf. Mentre i nostri cani giocavano noi parlavamo di tutto, dal sociale alla politica, dallo sport alla situazione internazionale, e quei momenti sono scritti nella mia memoria con inchiostro indelebile. Oggi sono uno scrittore, anche io scrivo romanzi e ho pubblicato libri, e mi sarebbe tanto piaciuto donare le copie delle mie opere  ai due maestri, sicuro che le avrebbero lette e, perchè no, alla fine mi avrebbero anche dato il voto. Credo che se oggi sono quello che sono probabilmente è dovuto anche all’influenza che su di me ha avuto quel Maestro che non è mia stato il mio maestro. 

Michael Sfaradi
Scrittore, giornalista e reporter di guerra dalla Tel Aviv Journalist Association  

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Elisa Manacorda
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

24 febbraio 2014

Per tutti noi della classe V A della Scuola elementare Fratelli Bandiera, a Roma, Alberto Manzi non era l’uomo della tv, quello che le anziane del quartiere ancora riconoscevano e ogni tanto fermavano per la strada. Non era il maestro di “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione Rai che aveva insegnato a leggere e a scrivere a un milione di italiani (questa sera la prima parte della fiction su Rai Uno a lui dedicata). Non era nemmeno l’autore di “Orzowei”, il pluripremiato libro per ragazzi di cui a mala pena riconoscevamo la sigla dello sceneggiato in tv (quella dei mitici Oliver Onions).Alberto Manzi era semplicemente il Maestro. Soprattutto era il “nostro” maestro. Quello che ogni tanto scompariva dalla classe per qualche giorno – lasciandoci nelle mani di supplenti disperate – per presentarsi davanti alle varie Commissioni del Minisero della Pubblica Istruzione, richiamato all’ordine per aver infranto qualcuna delle regole scolastiche. I voti in pagella, per esempio: una sorta di marchio che si rifiutava di apporre su un bambino che sarebbe cambiato di lì a qualche mese, imparando, evolvendo, crescendo. Non era un uomo remissivo: lo sentivamo imprecare fuori dalla porta della classe, con la rabbbia di chi sa di stare subendo un’ingiustizia. Eppure poi tornava da noi, dopo la sospensione mai scoraggiato e mai domato nelle sue convinzioni. E così, insieme, si aspettava la sospensione successiva. Era l’uomo che, quando eravamo stati particolarmente buoni, srotolava davanti ai nostri occhi sgranati la gigantesca pelle di anaconda che conservava nell’armadietto dei tesori, insieme ad animali sotto spirito, ossa, pietre, testimonianze dei suoi viaggi misteriosi. Raccontava delle sue incursioni, più o meno clandestine, in Sud America, del suo amico – il missionario Don Giulio – con il quale condivideva altre ribellioni alle tirannie ma anche l’impegno per l’alfabetizzazione delle popolazioni locali. Racconti a metà tra la verità e la leggenda, di cui solo in età adulta abbiamo capito il valore. Allora erano solo le straordinarie avventure di un uomo straordinario.Era quello che ci insegnava a parlare senza paura di sbagliare. Che invece di darci le risposte preconfezionate ci chiedeva “tu che ne pensi”, ed era veramente interessato alle nostre opinioni sui grandi temi: la democrazia, la politica, l’immigrazione (ed erano gli anni Settanta). Era quello che ci guidava nel mondo, letteralmente: con il suo aiutante Rodolfo, grazie al quale aveva introdotto le basi dello scoutismo nella classe, abbiamo passato più tempo fuori dalle aule scolastiche che dentro. Gite e scorribande ovunque, per giocare, stare insieme e aprirsi alla vita, nel bene e nel male: sul bordo della caldera del Vesuvio, al teatro greco di Siracusa o nei campi di Dachau. Era quello che ci insegnava ad avere fiducia in noi stessi, a sviluppare la curiosità per i fatti del mondo, a conservare il rispetto per le cose e per le persone. Era davvero il nostro Maestro.
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Mauro Mori
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

21 febbraio 2014

Scopro solo ora l’esistenza di questo centro e ringrazio per l’opportunità che mi viene data di parlare del Maestro Manzi.Sono stato suo alunno nell’anno 1947. Credo di essere uno degli alunni più vecchi. Classe 1938.Il ricordo di Alberto Manzi, di cui si parla tanto e finalmente in questi giorni, fa parte dei momenti più belli e formativi della mia vita.Sono stato un suo alunno, anzi molto di più, il suo primo alunno.Eravamo nel 1947 ed il Maestro Manzi, che era al suo primo incarico, iniziava la sua avventura proprio con la mia classe, la terza elementare della scuola Fratelli Bandiera di Roma.Per noi poco più che bambini gli anni precedenti erano stati sicuramente difficili, avevamo attraversato nel bene e nel male tutto il periodo della guerra, il nostro quartiere aveva subito i bombardamenti e ad uno di questi io stesso ero scampato miracolosamente quando il 14 marzo 1944 l’Istituto delle Suore Sacramentine, dove frequentavo l’asilo, venne distrutto ed in esso morirono nove suore tra le quali la mia insegnante.In quegli stessi anni la scuola Fratelli Bandiera era stata occupata dalle Forze Alleate e frequentare la prima e seconda elementare in Istituti lontani dalle nostre zone di abitazione fece sì che ci si trovasse tutti insieme proprio in quel 1947, iniziava così, con il Maestro Manzi, la nostra vera vita scolastica.Noi avevamo tutti 7/8 anni, Alberto 22, più che il maestro fu un amico o fratello maggiore, il suo modo di insegnare era un gioco ed una continua nuova scoperta alla quale partecipavamo sempre con grande interesse.Di ognuno di noi sapeva individuare ed esaltare le potenzialità, ma soprattutto, senza soffocare la nostra individualità, di insegnò a lavorare in gruppo.Così come anni dopo in “Non è mai troppo tardi”, la sua forza era la lavagna, ci incantavamo a vederlo disegnare con quella naturalezza, era un modo per fissare nelle nostre menti quanto via via venivamo imparando.
Bellissima l’esperienza del giornalino di classe sulla falsa riga del “Corriere dei Piccoli”.Notò in me la timidezza e l’insicurezza che inconsciamente mi portavo dentro, perché le superassi, sfruttò al meglio le mie capacità nel disegnare così spesso mi chiamava vicino a lui alla lavagna e lasciava che lo aiutassi.In quegli stessi mesi Alberto insegnava anche ai ragazzi del Carcere Minorile a Porta Portese, anche in questo caso ci rese partecipi della sua esperienza raccontandoci le loro storie. Fece da tramite tra noi e quei ragazzi sfortunati facendo in modo che potessimo aiutarli regalando i nostri libri scolastici e di avventure.Purtroppo, essendo supplente, il suo incarico terminò a fine anno con il dispiacere di noi ragazzi e delle nostre famiglie.Non fu però un addio per tutti perché nello stesso anno portò me, Maurizio Costanzo (sì proprio lui) ed altri di noi nel Reparto Scouts Roma 4 da poco fondato presso la Parrocchia di S. Ippolito che frequentava saltuariamente. Ci iscrivemmo nei Lupetti diventando Scouts una volta raggiunta l’età.Ebbi così l’opportunità di vederlo spesso e continuando a risiedere nello stesso quartiere almeno fino a metà anni ’70 molte erano le occasioni di incontrarlo a passeggio con il suo inseparabile cane, sempre con un sorriso da me ricambiato con un abbraccio ed un segreto GRAZIE ALBERTO.

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Marco Batelli
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

Marco Batelli ci ha lasciato diverse testimonianze

Novembre 2013

Mi sono imbattuto nel sito web del Maestro e mi sono commosso: l’ho avuto in terza e quarta elementare alla scuola “Fratelli Bandiera” di Roma, 1959-1960. E’ uno dei ricordi più belli della mia vita, non solo scolastica. Ricordo perfettamente moltissime sue lezioni, che spaziavano in ogni scibile e potrei raccontarle se ciò arrotondasse la sua perfetta figura magistrale, che comunque mi pare già impeccabilmente sferica. Grazie anche alla sua opera ho continuato con buon profitto gli studi classici e laurea in medicina con lode. Ho quindi operato come chirurgo fino alla attuale fase di pensionamento, comportandomi sempre bene, come il mio Maestro elementare mi aveva insegnato.Ecco una delle sue tante meraviglie nella scuola: una mattina entra in classe con bagagli; comincia le sue didattiche con riferimenti geografici e poi si dirige verso l’America meridionale parlando dell’Amazzonia. Ci dice anche di esserci stato; come aneddoto racconta che al passaggio dell’equatore il comandante della nave diede annuncio di ciò e molti passeggeri si affacciarono alle fiancate per vedere quello sconosciuto; ovviamente il Maestro coglie l’occasione per insegnarci le coordinate geografiche terrestri, deridendo coloro che sperano di vedere l’equatore in mare come si trattasse di una carta geografica. Ad un certo punto apre il bagaglio e ci mostra tutta una serie di reperti da lui riportati dopo il viaggio: c’erano pelli di serpente, semi esotici, ali di scarabei, carapaci e altro; ce ne parla, ce li mostra per bene, ce li fa toccare e poi… meraviglia e lode, li regala tutti distribuendoli ad ognuno di noi. Io portai a casa le ali (o megli i copri-ali) di scarabeo, lunghe 6-7 cm, di colore verde scuro con mirabili riflessi iridescenti. Ricordo che le misi sotto il manubrio della bicicletta, accanto ad una piccola bandiera triangolare che, sventolando, le faceva risuonare mirabilmente. Purtroppo non le ho più trovate in casa di mia madre, almeno così tutt’ora mi risulta ma guarderò meglio fra i cimeli riportati indietro prima della vendita dell’appartamento.Non ho purtroppo nella mente altri dettagli del viaggio amazzonico del mio Maestro oltre a quelli già descritti. Ho tante lezioni mai dimenticate, con argomenti riguardanti ogni disciplina, dall’educazione civica, alla storia, geografia, anatomia, fisiologia umana, fisica, chimica, astronomia…ogni cosa! Anche per merito di queste lezioni mi sono sempre interessato (ed ancor oggi a 63 anni lo faccio!) a molti argomenti non riguardanti la chirurgia ed in generale il mio mestiere; alcuni sono: fotografia, elettronica, astronomia, informatica, musica…Per concludere: tengo in bella vista, vicino alla mia scrivania, una fotografia della classe IV scattata nei giardini vaticani in occasione di una gita, dal Maestro organizzata e gestita, dove ovviamente è presente con gran parte di noi alunni.

5 febbraio 2014 

Il Maestro mi ha insegnato a lavorare onestamente e con passione, come egli stesso faceva in ogni momento e tanto è vero che voglio raccontare un altro aneddoto che dimostri la sua dedizione: al di fuori del suo orario di servizio a scuola (e ciò è da lode!) aveva disegnato con gessi colorati, sopra il bordino di legno che delimitava l’intonaco verde della parete con quello superiore bianco, in un’aula molto ampia poichè doveva contenere una quarantina di scolari, un percorso a tappe con vari traguardi, che si articolava per strade, colline, villaggi. Aveva poi ritagliato su cartoncino delle piccole biciclette e le aveva numerate assegnandole poi a ciascuno di noi scolari. Questo era il voto che faceva avanzare il ciclista-scolaro e lo metteva in competizione fino all’arrivo. Poi si ricominciava un’altra corsa. Con questo espediente la attenzione alle sue lezioni da parte di noi allievi era totale. Infatti non volle mai libri di testo in classe ( i cosiddetti “sussidiari” ): ci disse, in terza elementare, di portare a scuola il libro di Pinocchio… quella sarebbe stata la nostra lettura, al resto avrebbe pensato egli stesso con la sua voce, le sue parole e i suoi argomenti, che ancora sono vivi nei miei ricordi. Grazie Signor Maestro.

Senza data

Ricordo che nei giorni precedenti il provino il Maestro (“M” maiuscola perché merita!) in classe era teso e un po’ assente: ci raccontò appunto di quel provino alla Rai, spiegandoci lo scopo di quella serie didattica per analfabeti e disse che doveva “presentare” agli analfabeti la più semplice delle lettere dell’alfabeto, la lettera “o” ed era preoccupato perché avrebbe dovuto intrattenere i telespettatori per diverse decine di minuti su quell’unico argomento! Noi alunni non capimmo sul momento che l’avremmo perduto come maestro. In seguito il dispiacere di non averlo più con noi diventò pressante, ci mancava immensamente! … E pensare che il suo metodo didattico (senza libri “sussidiari” – come si diceva allora – e Pinocchio come unico libro) aveva suscitato una vera e propria ondata di proteste da parte di tutti i genitori, che ritenevano ciò una presuntuosa infingardaggine a preludio della sua insussistenza didattica. Invece ho imparato da lui molte più nozioni e concetti in quell’anno e mezzo che in tutto il resto della mia frequentazione scolastica, liceo compreso! Ricordo ancora con piacere, meraviglia e dovizia di particolari molte sue lezioni sugli argomenti più disparati…La luna, gli astri e il pallone lanciato per aria, per farci capire il moto di rotazione della terra.Astronomia e planetario (esistente a scuola ma sconosciuto a tutti).Atmosfera, nuvole e acqua, raggi solaria; aria e venti; inclinazione asse terrestre e stagioniLa corsa ciclistica intorno alla classe.Anatomia e fisiologia umana. Tubo digerente e vie respiratorie.Evoluzione della specie. Razza umana. Concetti evolutivi Darwiniani.Lo scienziato e la penicillina (lo scienziato si chiede il perché dei fenomeni).Fisica, principio di Archimede (navi di metallo e palloni aerostatici), A. Volta, corrente elettrica.Lampadina che si accende e spegne 100 volte al sec.Educazione civica, repubblica, parlamento e loro storie.Tasse della cosa pubblica.Finanza e monete.Cristianesimo.Esperimenti botanici.La 600 grigia targata 256399. La scarpa incastrata nel freno.Il motore a scoppio.Ascensore.

19 febbraio 2013 – I suoni e la loro fisica – il registratore. 
Una lezione di Alberto Manzi

Il Maestro spiega i suoni e la loro origine. Ci dice che l’aria si comporta come l’acqua quando si getta un sasso sulla sua superficie: si forma un’onda che si espande circolarmente tutt’intorno al punto di genesi, seguita poi, a distanza fissa l’una dall’altra, da onde gemelle dipendenti, in frequenza ed intensità, dalla azione che le ha prodotte…così le nostre corde vocali (ci spiega cosa sono, dove stanno e come agiscono) vibrano generando a loro volta altre onde, che poi il nostro orecchio (anche qui ci espone come è fatto) traduce e veicola alla sede di elaborazione, cioè il nostro cervello. Così possiamo ascoltare. Questo paragone classico fra fluido acquoso ben visibile e fluido aeriforme rende a noi fanciulli, con media di nove anni di età, il concetto immediatamente comprensibile. Aggiunge anche, a complemento della spiegazione, che nell’aria il suono procede a poco più di trecento metri al secondo (quanto fa, Maestro?: circa un chilometro ogni tre secondi). Se vogliamo effettuare un verifica di ciò dobbiamo contare i secondi trascorsi tra la visione di un lampo durante un temporale e la percezione del relativo tuono, il quale, afferma il Maestro, nel luogo dove avviene è contemporaneo alla emissione della luce; quest’ultima però viaggia a velocità di gran lunga più elevata (ci dice anche quanto!), sicché, contando i secondi trascorsi tra l’uno e l’altro fenomeno, si può determinare con buona approssimazione a quale distanza esso si sia verificato! …Quante volte da allora ho contato questi secondi e anche adesso lo faccio!Alla fine, parlando dei suoni, ci dice che negli ultimi decenni l’uomo ha imparato a registrarli con varie tecniche ed apparati, da ultimo con il sistema magnetico, via via in sviluppo per mezzo appunto dei cosiddetti registratori a nastro.A questo punto alzo la mano (metodo obbligatorio per poter prendere la parola!) e dico al Maestro che da poco tempo mio padre ha acquistato uno di questi registratori, allora detti anche magnetofoni, per usarlo in famiglia. Si trattava del mitico registratore bivalvolare “Geloso G 255” detto “gelosino”, oggi ormai un pezzo da collezione! Al tempo tale oggetto costituiva una rarità…ma mio padre amava molto le novità tecnologiche di ogni tipo e questa in casa non poteva mancare! Il Maestro si stupisce e si fa venire subito la bella idea di invitarmi a portare lo strumento in classe per farlo conoscere e provare a tutti. A casa, devo combattere per smantellare la ritrosia del padre e anche della madre, la quale però alla fine mi accompagna con il magnetofono a scuola, tra le raccomandazioni di rito.In classe sembra essere giunto un congegno extraterrestre; in effetti la mancanza di confidenza e la novità dell’oggetto Geloso rendono l’incontro alieno. Il Maestro però rompe gli indugi e propone subito di passare all’attacco facendo funzionare il magnetofono; con il suo estro e la sua simpatica ed eclettica conduzione didattica esorta tutti noi alunni a registrare la propria voce. Uno ad uno i compagni sono invitati davanti al microfono a dire almeno il proprio nome e cognome. Il Maestro suggerisce a qualcuno di esprimere in più qualche propria caratteristica personale. Ricordo perfettamente il nostro compagno Dalla Palma esortato ad aggiungere che è “il pittore della classe”, perché in effetti è molto portato per il disegno (ricordo la sua preferenza nel rappresentare i cavalli, con tecnica molto raffinata, specie per la sua età); così, dopo qualche esitazione, dice per intero: “io sono Dalla Palma e sono il pittore della classe”.Non si può immaginare il tripudio poi nell’ascoltare tutte le voci di ciascuno!Oggi può sembrare strano che desti tanta meraviglia sentire una registrazione casalinga – anzi in questo caso scolastica intra moenia -ma bisogna considerare che all’epoca (e scrivendo “epoca” mi sento molto vecchio!) si era alla fine degli anni ’50 e inizio ’60, perciò la diffusione di tale tecnologia magnetica era alla portata solo dei professionisti e di pochi altri, fra i quali quel fanatico di mio padre (molto apprezzato da me anche per questo, tuttavia), che aveva comprato l’attrezzo, pur essendo egli di tutt’altro mestiere. Secondo me è probabile che anche il Maestro Manzi, sebbene di certo conoscesse la relativa novità, non ne avesse fatta eccessiva esperienza, perché lo ricordo molto entusiasmato dall’evento!Quel nastro per ora lo classifico come disperso (sovrainciso dai miei familiari) ma ho di recente ricordato a mio fratello la faccenda e mi ha confessato che il reperto potrebbe giacere nella sua cantina: mi ha promesso la ricerca…

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Marina Silvestre
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

31 ottobre 2011

Ecco la mia testimonianza.
Sono nata nel 1955 e quindi quando seguivo le trasmissioni pomeridiane del maestro Manzi ero ancora una bambina. Non mi sono mai persa una puntata. Mi mettevo in poltrona davanti alla televisione e ascoltavo in religioso silenzio ogni puntata, cercando a volte di riscrivere le frasi scritte sul cartellone, a volte cercando di riprodurne i bellissimi disegni. Mi ricordo in particolare di una puntata nella quale il maestro 
aveva scritto una frase e successivamente fatto il disegno con pochi tratti di carboncino: “il sole illumina il lago”.
Puntate memorabili anche quelle di aritmetica, che per me erano delle ripetizioni private di quanto fatto e non sempre capito a scuola.
Grazie maestro, ce ne fossero ancora di trasmissioni come quelle!!

— 
Dott.ssa Marina Silvestre
Università degli Studi di Torino

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Nicoletta Moccia
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

19 agosto 2011

Gentilissimi, anche se le mie parole saranno prive di senso, sento il dovere di esprimere la mia gratitudine alla memoria del maestro Manzi che mi ha insegnato a leggere e a scrivere attravero la sua trasmissione televisiva. Avevo solo quattro anni, quando, seguendolo, ho deciso di prendere un quaderno e di iniziare a scrivere. Ogni volta che c’era la sua trasmissione, in casa si doveva fare assoluto silenzio, poichè dovevo seguirlo con attenzione e comprendere tutti i passaggi che eseguiva. Ho quindi iniziato a frequentare la prima elementare  a soli cinque anni, sapendo già leggere e scrivere anche sotto dettatura, assaporando anche il gusto della lettura autonoma che ti rende libero e ti fa sognare. Grazie quindi per quello che mi ha insegnato.
Nicoletta Moccia 

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Laura Matteocci
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

Barcellona, 23 giugno 2011

Mi chiamo Laura Matteocci ed ho 46 anni: una dei 32 a cui il maestro Manzi indirizzò quella bellissima lettera di chiusura Scuole elementari.Non vorrei essere ripetitiva, visto che quanto già raccontato da alcuni dei miei ex compagni di classe è esattamente quello che anch’io scriverei, però è davvero impossibile rimanere indifferenti alla possibilità di esprimere le proprie sensazioni ripensando ai momenti trascorsi con il Maestro.Io non abito più a Roma da molti anni, ed è giusto per questo che vorrei aggiungere i miei pensieri a quanto già detto.La distanza ed il tempo tendono a far sbiadire i ricordi e ad allontanare da noi certe sensazioni. Però vorrei testificare, che malgrado i 1500 km che mi separano dalle cose care che ho lasciato in Italia, ciò che veramente è rimasto dentro di me non è sparito neanche un momento.I miei rapporti con i compagni di allora è oggi ancora vivo.E per fortuna non grazie ad una Web Site, siamo riusciti a mantenere intatto il rapporto tra compagni-amici di allora. Ed ogni anno riusciamo, malgrado la vita di ognuno di noi ed i vincoli che questa crea, a trovarci e vivere, anche fosse per una sola giornata, del tempo insieme, come se si trattasse di una delle tante gite di allora. Ricordiamo i bei momenti vissuti affianco al maestro, ma soprattutto scambiamo le nostre opinioni, i nostri sogni frustrati, le conquiste ottenute nel corso di tanti anni ed alimentiamo così quel vincolo nato allora grazie a lui, ed oggi ancora vivo.Il tempo passa, ma quel che ci ha insegnato, ed i valori trasmessi a noi tutti, ma soprattutto il cercare di essere sempre noi stessi, non è mai svanito. Ed è per questo he oggi è ancora possibile trovarci intorno ad un tavolo, su un divano, per terra o con le gambe incrociate, a parlare di noi, di lui, di tutto. Questo non sarebbe possibile se il Maestro non ci avesse trasmesso il desiderio di conservare ciò che vale e di lottare sempre per quello che si sente. Noi ancora sentiamo la necessità di trovarci e di raccontarci, malgrado le nostre grandi differenze, quello che la vita ci ha portato fino ad oggi e quello che ancora ci porterà.Il Maestro ha avuto la fortuna di vedere riconosciuti i suoi sforzi e di raggiungere il successo in molti dei suoi progetti mentre viveva. Sono convinta che la nostra unione, il nostro vincolo umano, è un altro dei suoi successi: solo che per questo non ha potuto ricevere nessun riconoscimento pubblico. Però, di certo che lo considererebbe il più grande di tutti, perchè nel fondo lo abbiamo ricevuto tutti ed è destinato a perpetuare vivo nel tempo e nella distanza. 

“Grazie Maestro per regalarci tutto quello che ci hai dato allora e per ciò che ancora oggi riceviamo grazie ai tuoi insegnamenti”.
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Anna Masetti
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

15 febbraio 2011

Non posso dimenticare quel periodo di tempo in cui il mezzo televisivo -primo elemento di quel genere- ha dato la possibilità di poter leggere, scrivere, imparare a quelle persone che per ceto non potevano studiare. Ero a lavorare in un negozio di impianti e televisioni e seguivo le lezioni stando in quel negozio poi in casa. Ero unica femmina con otto fratelli maschi e il lavoro ci dava la possibilità di essere a contatto delle persone. Nella vetrina avevamo messo un televisore e chi passava si soffermava ad ascoltare le lezioni del grande maestro di vita. Ed è stata per me una esperienza positiva tanto da arrivare a scrivere un libro di poesie, poi di scrivere come autrice. Tutto grazie a quel meraviglioso periodo di istruzioni vere e reali. Non avrei mai potuto arrivare a tanto senza quella bellissima esperienza televisiva. Auguri a tutti e buon proseguimento. Ora più che mai ce ne è bisogno per aiutare tanti stranieri venuti in Italia a comprendere l’Italiano e l’Italia  che festeggia il 150° anniversario della sua unità in mezzo a tante contraddizioni. Come sarebbe bello che ritornasse il Rispetto. Certa che non è mai troppo tardi perché ritorni l’amore per la patria e per la nostra nazione, un’educazione, che riporti come soggetto, proprio la Cultura in primo piano.

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Roberto Minicucci
Ex-alunni scrivono
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31 Gennaio 2019

4 dicembre 2010

Ho 45 anni e la fortuna di essere stato un alunno del grande MAESTRO MANZI, anzi “Alberto”, una persona di valore.Nel ricordo della sua scomparsa, il 4 Dicembre, non a caso S. Barbara la protettrice della Marina visto che lui voleva fare il Capitano di lungo corso e la protettrice dei Vigili del Fuoco ed anche qui le nostre strade si rincontrano.
Il suo insegnamento non solo didattico ha lasciato in noi dei segni indelebili e dei punti di riferimento nella vita; ci ha cresciuti come suoi figli, “sangue dello stesso sangue.”Proprio qualche settimana fa sono stato a trovarlo nella sua Pitigliano, dove riposa ed anche lì ha lasciato traccia, perché lui era così, per ogni cosa che faceva metteva amore e convinzione come quello che ha trasmesso a noi, affermandolo in una testimonianza che ha lasciato l’ultimo anno del nostro ciclo scolastico: AMORE, AMORE….. AMORE.Ancora ricordo le sue lezioni e oggi quando mia figlia di 9 anni ha dei dubbi non faccio altro che trasmettere il SUO insegnamento come attività proiettata a favorire la crescita di una persona; ancora oggi alla mia età vorrei un suo consiglio, la sua esperienza. Ogni tanto mi soffermo davanti alla nostra scuola (Fratelli Bandiera) ad osservare quel terrazzo (alcune volte la nostra aula), rievocando le sue lezioni tutti insieme sotto quel cielo che se nuvoloso lui lo rendeva azzurro. Ci responsabilizzava con le sue consuete gite organizzate, come quella settimana in Trentino ad Andalo per renderci indipendenti. Anni scolastici dal ’71 al ’75 felicemente immensi. Mi ha insegnato il rispetto, il modo di pensare con la mia testa, di sapere sempre qualcosa in più, il coraggio di affrontare qualunque problema, perché lui pensava agli altri e poi a se stesso. Ci ha insegnato perfino a nuotare come un padre fa al proprio figlio ed io di quest’altruismo ne ho fatto 
tesoro e addirittura un mestiere.
Il ricordo di quando mi regalò una sua bicicletta, un’emozione indescrivibile; ma ho un grande rimorso che mi porterò per sempre, non aver mantenuto i rapporti negli anni successivi e soprattutto per dirgli “GRAZIE”. Potrei raccontare tanto di lui e delle cose fatte insieme e come ci ha “educato” con interesse senza mai annoiarci con leggerezza e semplicità, anche parlando per ore rimanendo “ipnotizzati” dalla sua suadente voce.Grazie per avermi insegnato ad affrontare la vita a testa alta, GRAZIE “MASTRO”, rimarrai per sempre nella mia mente e soprattutto nel mio cuore.

Io sono parte di Te, Tu di me.
CIAO Alberto.

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