In occasione del centenario della nascita di Alberto Manzi, si stanno svolgendo tante iniziative per ricordare l’opera del Maestro, come il convegno “Alberto Manzi: alfabetizzatore, scrittore, formatore”, che si è tenuto lo scorso 3 aprile presso la Biblioteca Vallicelliana a Roma, che tra gli interventi ha visto la partecipazione di Patrizia D’Antonio, insegnante, blogger e autrice del saggio “Ogni altro sono io”. Alberto Manzi, maestro e scrittore umanista (Castelvecchi, 2024).
Patrizia, come nasce l’idea di un libro dedicato al Maestro?
Il saggio, uscito in libreria il 5 aprile, nasce dal desiderio di dare concretezza e diffusione alla figura di Alberto Manzi per quello che è stato e che ha fatto in diversi campi, soprattutto nella narrativa. L’origine del libro risale in realtà al 2015, quando ho iniziato una ricerca di dottorato europeo tra Digione e Milano dal titolo «L’humanisme dans l’œuvre romanesque et de vulgarisation d’Alberto Manzi». Questo lavoro ha avuto peraltro il merito di far conoscere in Francia la figura di Alberto Manzi nel mondo accademico (nel saggio c’è una splendida prefazione nel libro a cura del prof. Christophe Mileschi, Université de Nanterre) mentre era piuttosto noto alle generazioni precedenti dei giovani lettori d’oltralpe come autore di vari testi, tra cui il primo romanzo tradotto: Le castor «Grogh et sa tribu». ma anche Isa, enfant de la forêt». (Orzowei), «Le village des fous» (La luna nelle baracche), ecc.
Il Centenario è stata l’occasione di rielaborare la ricerca per farne un saggio divulgativo, fruibile non solo dagli addetti ai lavori ma a tutti coloro che vogliono (ri)scoprire il pensiero e l’opera di Manzi.
Lei è un’insegnante ed ha conosciuto il Maestro personalmente. Come questo incontro ha contribuito nella sua formazione professionale?
Come scrivo nell’introduzione del libro, il mio incontro con Alberto, nel 1982, è stato fondamentale per la mia scelta di diventare insegnante prima e continuare ad esserlo poi, nonostante le difficoltà di un mestiere che viene sempre meno valorizzato e supportato. All’epoca eravamo diversi giovani aspiranti maestri con la convinzione etica e politica di poter migliorare la società partendo proprio dall’insegnamento e Alberto Manzi costituiva l’esempio concreto di una vita spesa in questo senso. Scoprii che non era solo un grande Maestro, contemporaneamente scoprivo l’uomo, il formatore, lo scrittore, i suoi tanti aspetti e talenti tutti tesi all’elevazione culturale degli altri secondo il suo credo “Ogni altro sono io”.
Devo molto ad Alberto nel mio modo di fare scuola, non solo e non tanto per un cosiddetto ‘metodo’ da seguire pedissequamente: se non ha mai scritto un trattato di pedagogia è anche perché aveva in orrore tutto ciò che si potesse ciecamente ripetere senza riflettere. Il suo esempio e le nostre ‘chiacchierate’ di scuola per più di vent’anni sono integrate profondamente nel mio stile di insegnamento. Ancora oggi quando entro a scuola (e dopo, all’uscita) mi chiedo se ciò che ho predisposto e realizzato per stimolare ed educare al pensiero critico abbia funzionato o se si possa migliorare.
“Educare a pensare” e “Imparare a imparare” sono intenti pedagogici oggi –almeno teoricamente- condivisi, ma erano decisamente all’avanguardia quando li formulava Alberto, che ha costruito tutta la sua didattica su queste finalità, facendo anche cose molto audaci come portare i ragazzi a Vulcano o a Dachau. Ecco credo che mi abbia trasmesso soprattutto la disposizione alla ricerca continua, il non avere paura di sperimentare, di sentirsi liberi di creare materiali e situazioni di fronte ad un obiettivo chiaro e fondato, di mettersi in dubbio sempre, di non accontentarsi mai né lasciarsi andare alle abitudini.
Quale ritiene possa essere la forza dell’approccio pedagogico di Alberto Manzi?
Dal punto di vista dei docenti, come dicevo prima, Alberto ci mostra quanto è importante mettersi in discussione continuamente, coscienti che si possa sempre migliorare e imparare.
Anche un altro aspetto dell’insegnamento di Alberto va ricordato: le interazioni tra e con i ragazzi che non erano solo parte di un processo cognitivo ma anche relazionale. Vuol dire rispettare e considerare tutti gli studenti -anche quelli ‘difficili’- come una fonte di ricchezza nel gruppo; far sentire tutti gli studenti -bambini, adulti, stranieri- capaci di farcela, ciascuno per quello che può. Può sembrare banale ma poi bisogna tradurre in pratica questa convinzione, ogni giorno in classe, lavorarci appositamente e allora si scopre quanto è difficile ma indispensabile dedicare attività e tempo per creare la coesione del gruppo-classe, la predisposizione, la curiosità e la motivazione di ciascuno all’apprendimento.
Oggi usiamo un elenco di termini anglofoni in auge nella cultura pedagogica odierna ma che corrispondono in realtà a molti dei punti di forza dell’approccio pedagogico di Alberto: problem solving, outdoor learning activities, peer tutoring, circle time, storytelling, emozional education, philosophy for children, ecc… Alberto ha praticato e mostrato in modo semplice e all’avanguardia quanto fosse sensata la combinazione armoniosa, equilibrata e originale della discussione di gruppo, dell’osservazione diretta dell’ambiente dentro e fuori scuola, della narrazione, del lavoro per gruppi e ‘con le cose’, del fare e disfare continuo dei saperi, in una costruzione continua dove niente è acquisito in modo definitivo.
I temi e i valori espressi nelle opere di Aberto Manzi sono sicuramente ancora attuali. Secondo lei, perché è così speciale l’opera del Maestro nel modo di trattare questi temi?
Nella mia ricerca e nel libro ho scelto di focalizzare l’attenzione soprattutto su Manzi scrittore anche se questo campo è strettamente legato al suo Essere Uomo, Maestro, ecc., in un frame che definisco il suo ‘umanismo’. D’altra parte, mancavano completamente studi sul tema, a parte la monografia di D. Giancane del 1976. Soprattutto volevo fornire a docenti, editori, bibliotecari, genitori, lettrici e lettori curiosi, uno strumento di lettura, di analisi e di valorizzazione per scoprire il patrimonio vasto e diversificato di questo autore.
Quando scrive, Alberto Manzi parla alle nostre menti e ai nostri cuori. Ha anticipato con coraggio temi che non venivano trattati ancora dalla letteratura giovanile: il rispetto per l’ambiente, il razzismo (oggi si direbbe anche il bullismo), l’alfabetizzazione come riscatto sociale, la tratta degli organi e il lavoro minorile, la follia, le ingiustizie sociali. E lo fa con il suo stile accattivante ma anche crudo, senza orpelli, inserendo un elemento nuovo e discordante: l’epilogo tragico che serve a far riflettere, “a passare il problema al lettore”, come spiega lui stesso.
Ci sono molti altri aspetti che indago nel saggio su cosa rende così speciale la lettura della sua opera; certo è che, senza mai scadere nel moralismo patetico, ci trasmette valori fondamentali quali l’importanza della libertà, della pace e della condivisione perché crede che non ci possa essere felicità e giustizia per uno solo se non c’è per tutti, principio contenuto nella sua idea “Ogni altro sono io”, ben argomentata nell’ultimo romanzo corale “E venne il sabato”.
Si è interessata anche ai suoi testi divulgativi ed alle sue traduzioni all’estero?
Se nel saggio queste due parti non hanno trovato posto per esigenze editoriali, nella tesi di dottorato (consultabile al Centro Alberto Manzi e on line) ho dedicato tutta una parte alla ricezione e alle traduzioni/adattamenti della sua opera in Francia considerando sia aspetti teorici (il ‘passaggio da una lingua all’altra’ pone sempre problematiche legate anche al contesto storico) sia operando un’analisi comparata per scoprire ‘censure’ e altri aspetti interessanti che sono emersi. E’ emblematico ad esempio che in Spagna si continui a ripubblicare Orzowei sottolineandone il valore per le generazioni attuali.
Per quanto riguarda i testi divulgativi, ho ugualmente dedicato una parte molto dettagliata nella tesi di analisi di un corpus classificato per articoli giornalistici (dal Vittorioso, la Via Migliore, ecc.), di divulgazione scientifica, storico-antropologica, ‘ibridi’ – testi alla frontiera tra narrazione e scienza – monografie, collaborazioni per collane ed enciclopedia, insomma un mondo di testi altrettanto ampio, interessante e attuale.
Lei attualmente vive a Parigi e si è anche occupata di sperimentazione didattica delle lingue in Italia e all’estero. In che cosa consiste?
Mi sono interessata alla sperimentazione didattica delle lingue fin dal 1986 quando l’opinione comune era che insegnare l’inglese (o altra lingua straniera) ‘precocemente’ alla scuola primaria potesse arrecare danno ai bambini. Ho continuato a concentrarmi soprattutto nell’insegnamento linguistico durante i miei anni di insegnamento all’estero in un’ottica di intercultura e in Italia (ora a Casablanca) con l’insegnamento dell’italiano agli immigrati. Ho partecipato e coordinato numerosi progetti Comenius, Erasmus, Teacher Placement sempre con l’obiettivo di internazionalizzare le scuole, condividere le ‘buone pratiche’ e costruire quel senso di cittadinanza europea (ma direi globale) di cui c’è tanto bisogno in un’epoca di muri, incomprensioni, guerre.
Questa sperimentazione didattica è stata applicata anche sui testi del Maestro? Come?
Ho sempre utilizzato i testi di Alberto Manzi (romanzi, racconti, favole, manuali e parascolastico, testi divulgativi) nelle classi dove ho insegnato riscontrandone l’interesse e l’utilità in latitudini e contesti culturali diversi. Dal 2015 ho iniziato il progetto “Leggere Alberto Manzi a scuola”, collaborando con docenti di diverse scuole, per raccogliere dati sull’attualità dei suoi testi. Nel mio libro dedico un capitolo a queste esperienze ponendo anche il quesito sull’importanza della lettura in generale a scuola e in famiglia. In particolare, evidenzio quanto i temi e lo stile di Alberto Manzi, che lo ponevano come un precursore nella letteratura per ragazzi dal dopoguerra in poi, siano gli stessi elementi che rendono i suoi romanzi ancora attuali.
Ci sono altre iniziative dedicate ad Alberto Manzi a cui parteciperà nei prossimi mesi?
In questi prossimi mesi ci saranno molte iniziative a cui parteciperò ogni volta che mi sarà possibile, sperando che il lavoro di stimolo e divulgazione che molti enti e istituzioni come il Centro Alberto Manzi, ma anche associazioni e persone singole stanno facendo in questi mesi, continui e non si fermi in occasione del Centenario.
Personalmente continuerò il mio lavoro sul progetto “Leggere Alberto Manzi a scuola” tra Roma e Casablanca per il “Maggio dei libri”, e porterò il mio saggio ovunque possibile perché le presentazioni e gli eventi sono sempre momenti importanti in quanto occasioni di scambi, incontri, arricchimento condiviso.
Ho già un appuntamento il 30 giugno in occasione del Premio Letterario di Lugnano in Teverina e poi, da settembre, si terrà un incontro a Bologna organizzato dal Comitato Ricerche il Pioniere (CRAP), mentre in ottobre sarò all’UniTre di Amelia.