Il progetto europeo Keep In Touch promuove metodi e strumenti innovativi per costruire percorsi di educazione digitale nella fascia d’eta prescolare: mediante l’introduzione di approcci innovativi al digitale nella prima infanzia si rielaborano anche i bisogni che la crisi COVID-19 ha evidenziato, approcciandosi al digitale in modo critico e creativo e, soprattutto, utilizzando il digitale per mantenere il legame emotivo e la vicinanza sociale.
Il KIT di atelier digitali si concentra sull’uso e la comprensione creativa dei media e sull’utilizzo di tecnologie e strumenti gratuiti, facilmente accessibili a tutti, indipendentemente dalla capacità socio-economica della famiglia o dell’istituzione coinvolta. Si basa sull’ispirazione di innovatori pedagogici che sono il risultato di un lavoro di co-progettazione tra educatori, genitori e bambini durante il primo anno di questo progetto.
Il KIT contiene 42 atelier digitali con proposte di attività passo-passo per bambini e bambine dai 3 ai 6 anni che possono essere realizzate in presenza, a casa o in modalità intermittente intorno a 5 temi principali: 1. Emozioni 2. Natura 3. Il discorso e le parole 4. Numerazione 5. Corpo e movimento.
Sabato 13 maggio, dalle 10 alle 16 vi aspettiamo a Rimini per l’evento L’atelier digitale nella scuola dell’infanzia, convegno conclusivo del progetto europeo Keep in Touch (KIT) che presenterà alcune pratiche e idee sperimentate nella rete nazionale di scuole dell’infanzia del progetto.
L’atelier digitale tra Alberto Manzi e Bruno Munari Alessandra Falconi, Centro Alberto Manzi
App creative e atelier digitali: 5 idee per le scuole dell’infanzia Laura Cattabianchi, atelierista
Creare con bambini e bambine l’esperienza di Vincent Mathy, illustratore belga
Presentazione del progetto europeo ‘Keep in Touch’ Silvia Mendes, Centro Zaffiria
Atelier sviluppati durante il progetto che verranno presentati:
Bastoncino fa la differenza! Barbara Tosi – Scuola dell’infanzia La Gabianella, Rimini (VI Circolo Rimini)
Visi & Luoghi + Ti presento il mio peluche Romina Copetti – Scuola dell’Infanzia Non ti scordar dime – Grisulute – Avasinis, Alesso di Trasaghis (IC Trasaghis)
I 5 malfatti + Tu sei musica Catia Podeschi – Scuola Infanzia “Gli amici di Ulisse di Pietracuta – (I.C. A. Battelli -Novafeltria)
Una pista per tutti Vincenza Rocco – Scuola Materna Parrochiale di Bolzone, Ripalta Cremasca
Idee da una sperimentazione – Presentazione degli atelier digitali delle scuole dell’infanzia europee, Angela Sofia Lombardo, Centro Zaffiria – Guardando dal Senegal, Marie Ndiaye, pedagogista senegalese
Ore 13
Chiusura dei lavori con:
Emma Petitti, Presidentessa dell’Assemblea legislativa
Chiara Bellini, Vicesindaca del Comune di Rimini
Chiara Giovannini, Dirigente IC Centro Storico e scuola polo del progetto E se diventi farfalla
Abdou lavora in una scuola primaria del Kaolack, in Senegal. Nella sua regione c’è sempre una splendida luce: il sole sottolinea l’arancione e i rossi della terra, delle cortecce, dei panni stesi, brilla sulle lamiere e luccica sulle plastiche abbandonate. La luna di notte invece si porta via questo mondo senza acqua corrente, senza luce elettrica diffusa ma con lampadine che tingono l’aria di blu, di rosa e di viola. Qualche asino attraversa la strada nella giusta stagione. C’è festa e silenzio.
Fa il maestro in una scuola con 130 bambini e 4 maestri. Una strana divisione ha fatto sì che i suoi alunni siano 60, due classi insieme. Di docenti nuovi non ne arrivano e un collega è morto lo scorso anno scolastico perché il “marabout” non si era accorto della malattia e quando è arrivato il dottore era troppo tardi. Abdou sognava da bambino di fare il medico o l’infermiere e preferirebbe che la gente andasse subito dal dottore.
Abdou arriva dalla zona di Thies, è nato a Tivaouane dalla prima moglie di un padre esperto agronomo che viene mandato nel Kaolack a gestire semi, concimi e materiale per l’agricoltura. È qui che i suoi genitori si conoscono e Abdou ci tiene a dirmi che sua madre è proprio del Kaolack. I “graines de bouche” (arachidi) sono deliziosi da mangiare anche così, come caramelle.
Da 18 anni Abdou è maestro, mestiere che ha scelto per 3 motivi:
Perché si fanno molte scoperte
Perché sei molto amato
Perché ai bambini e alle bambine ha sempre voluto bene e anche se fare il maestro stanca tantissimo, l’amore riposto sui più piccoli è ben speso.
Mi sorride quando mi racconta che fare il maestro ha anche un bel fascino: i bambini e le bambine ti guardano e tu sembri un genio, gli spalanchi il mondo, “è una magia”.
A scuola infatti deve accadere un “éveil”, quello svegliarsi al mondo con la scoperta del vivere insieme. Ma la sfida è alta: il sistema spazza via tanti bambini e bambine.
Mi parla per molto tempo della lingua francese che insegna in classe. Per lui, non si può “prendere un sistema e metterlo su un altro” e si sente confortato dallo slancio che USAID1 sta rendendo possibile nel Kaolack2. Come si può insegnare a bambini di classe prima una lingua che non è quella della madre e del padre, che non è quella del villaggio e nemmeno quella con cui giocano a ricreazione? Eppure senza quella lingua il colpo di scopa rischia di essere ancora più duro. E come si fa a pensare di mettere le mani in una questione così complessa con delle unità didattiche da 30 minuti?
Le parole della scrittrice Marie Ndiaye aiutano a far comprendere questa complessità nei possibili vissuti dei bambini. È l’esperienza di Khady Demba3 narrata nel romanzo Trois femmes puissantes: “una ragazza ossuta, diffidente, svelta a graffiare per difendersi e che, rannicchiata sul pavimento piastrellato perché non c’erano abbastanza sedie, sentiva senza poterle separare l’una dall’altra le parole rapide, secche, impazienti, infastidite di una maestra che, per fortuna, non le prestava la minima attenzione […] non aveva mai capito nulla né imparato nulla a scuola. La litania di parole indistinguibili pronunciate con voce priva di tono dalla donna dal volto brutale e annoiato, la lasciò fluttuare su di lei, non avendo idea dell’ordine di cose a cui quelle parole si riferivano, sapendo bene che si trattava di una lingua, il francese, che era in grado di parlare un po’ e di sentire, ma senza riuscire a riconoscerla in questo flusso frettoloso e rabbioso…”
Quando Abdou in classe usa la lingua madre tutto diventa più fluido, anche il teorico apprendimento del francese. Ma quale lingua madre per un paese africano come il Senegal? Il problema sfida maestri e maestre e il Ministero che farà libri nelle doppie lingue, ma Abdou è preoccupato dell’efficienza di un sistema così complesso. Il Ministero infatti sta introducendo a scuola anche le principali lingue madri, tra cui il wolof: “a ricreazione l’80% dei bambini e delle bambine qui nel Kaolack parlano wolof”.
Se compito dell’insegnante, secondo Abdou, è quello di stimolare l’acquisizione globale delle parole, occorre che il maestro sappia far parlare i suoi studenti e quando accade che lo facciano in wolof nella sua classe va tutto più veloce, si apprende con il sorriso.
Come riesce a farne parlare 60? “Col canto”.
Ma gli esami nazionali poi in che lingua si faranno? Rimane il francese come lingua “medium” ed ecco che riemergono tanti problemi e contraddizioni. Una per tutte: i docenti per primi spesso parlano male il francese. Per essere un buon maestro occorre studiare, documentarsi e le stesse risorse didattiche e gli articoli sono in francese: non padroneggiare la lingua rende subito mediocre un insegnante che deve sempre prepararsi, per tutta la vita. Deve continuamente interrogarsi sul sapere che sta trasmettendo e come farlo bene.
Per provare a essere un buon maestro occorre saper prendere dei rischi: ogni classe che comincia come la porto a leggere? “Facile lasciarli indietro, ma io amo i fragili e i deboli. Ho detto all’Ispettore che se ha classi fragili può darle a me, io amo il lavoro con loro”. Purtroppo, alcuni colleghi portano avanti solo i bravi.
E il ricordo più bello e importante che hai?
“Era il primo anno di servizio e mi mandarono a insegnare ma non c’era la classe, non c’era la scuola. Ho preso il mio ordine di servizio e il mio bagaglio. Era il 2006. Andai dal capovillaggio per spiegargli che la scuola andava proprio costruita, bambini e bambine non potevano fare 5 chilometri per andare nella scuola più vicina. Ma soldi non c’erano e mi risposero di costruire un riparo. Era la prima volta che sentivo parlare di un “abri”: alcuni ripari con i gambi del mais e nemmeno la tettoia. E per far lavorare i bambini una coperta. Nessuna lavagna, nessun tavolo. 4 metri quadri di rifugio.
Arrivarono 70 bambini e bambine da 3 villaggi, parlavano wolof, sérère e pulaar.
Era la mia prima scuola e non c’era la scuola.
Mi dissero: “devi cavartela”.
Cominciai a recuperare delle assi di legno e dei mattoni per fare dei tavoli. Arrivò una piccola lavagna. Era importante lasciare scritte le cose, che si potessero sedimentare piano. Ma quella lavagna andava sempre cancellata.
Proposi ai bambini di dividersi in due gruppi: un gruppo faceva scuola la mattina e uno al pomeriggio. Lavoravo tutto il giorno per farli apprendere”.
Ma non avevi nessun materiale, come facevi?
“La testa di un bambino non è mai vuota. Abbiamo quello come materiale, abbiamo moltissimo, non va sottostimato. Quando l’insegnante è gentile passa l’amore necessario a farli interessare, a tenere la loro attenzione.
Io disegno bene, mi piace.
Abbiamo bisogno di immagini perché le immagini parlano. Comincio un gatto o un topo. Loro provano a indovinare. Cos’è? Poi disegnano anche loro, con gioia”.
Abdou non ha pennarelli, non ha acquerelli, non ha tempere, non ha album per disegnare, né bristol.
Come non pensare al maestro Alberto Manzi e al suo far scuola presso il carcere Aristide Gabelli senza nulla? Anche lui si affidò alle teste e alle vite di quei ragazzi, toccò il grande tema della libertà con quella storia che poi diventò il libro: Grogh, storia di un castoro. Entrambi questi maestri, nelle enormi differenze di tempo e spazio, erano e sono consapevoli dell’importanza, nella vita di ciascun bambino e bambina, dell’educazione, del pensare e dell’apprendere insieme. Allo stesso tempo, non nascondono come la scuola possa diventare fonte di problemi quando diventa altro dal luogo che dovrebbe essere. Far studiare i docenti, farli lavorare insieme continua a essere una strategia fondamentale a tutte le latitudini.
NOTE:
United States Agency for International Development www.usaid.gov
www.usaid.gov/fr/senegal/education « L’une des principales innovations du programme réside dans la priorité qu’il accorde à l’enseignement de la lecture et de l’écriture dans l’une des trois langues nationales du Sénégal – c’est-à-dire le wolof, le pulaar ou le serer – que les enfants connaissent et comprennent. Dans certaines régions, des espaces physiques pour la lecture, y compris des bibliothèques et des salles informatiques, sont aménagés dans le cadre des activités. Le programme est mis en œuvre dans sept régions cibles (Diourbel, Kaffrine, Kaolack, Louga, Matam et Fatick)»
Pag. 281 : “une fille osseuse, méfiante, prompte à griffer pour se défendre et qui recroquevillée sur le sol carrelé parce’il n’y avait pas assez de chaises, entendait sans pouvoir les séparer les uns des autres les mots rapides, secs, impatients, contrariés d’une institutrice qui, par chance, ne lui accordait pas la moindre attention […] elle n’avait jamais rien compris ni rien appris à l’école. La litanie de mots indiscernables proférés d’une voix sans timbre par la femme au visage brutal, ennuyé, elle la laisser flotter au dessus d’elle, n’ayant aucune idée de l’ordre de choses auquel ces mots se rattachaient, sachant bien qu’il s’agissait d’une langue, le français, qu’elle était en mesure de parler un peu et d’entendre mais incapable de la reconnaître dans ce débit pressé, coléreux… »
Domenica 16 ottobre ha debuttato sul palco della Sala Centofiori (Bologna) lo spettacolo Grogh, storia di un castoro a cura diLa Baracca – Testoni Ragazzi, dedicato a bambini e bambine tra i 6 e i 10 anni.
Fabio, un signore un po’ bizzarro, è un grande appassionato di castori. Sa tutto, o quasi, sui piccoli roditori: ne conosce la storia, le abitudini, gli usi, i costumi e la loro straordinaria organizzazione sociale.
“Piccolo Popolo”, così i nativi americani chiamano i castori. E tra gli appartenenti al piccolo popolo, il castoro Grogh è una vera e propria leggenda. Lo spettacolo ripercorre l’epopea di Grogh e della sua colonia e, come nell’omonimo libro di Alberto Manzi, vivremo la lotta quotidiana di questa specie per sopravvivere nella foresta e l’eroica resistenza contro il più implacabile dei predatori, l’uomo.
La stagione 2022-2023 del Teatro Testoni Ragazzi è realizzata con il sostegno di Quartiere Navile, Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, MiC – Ministero della Cultura, Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna e con il supporto del programma Creative Europe dell’Unione Europea. Alla realizzazione della rassegna hanno contribuito Legacoop – Bologna, Coop Alleanza 3.0, Granarolo, BPER Banca, Assicoop Bologna Metropolitana Agenzie UnipolSai Assicurazioni, Alce nero, Coldiretti Bologna – Campagna Amica, Mielizia, SCS Consulting, Alfasigma e Illumia. La stagione 2022-2023 vede la partnership di Rotary Club Bologna e il contributo tecnico di Avola Coop, Scatolificio Medicinese, Centro Software e Tper.
Per guardare ai grandi maestri del presente e del passato, ricordandone le storie e il ruolo ancora centrale nella nostra società, arriva, per la Giornata mondiale degli insegnanti del 5 ottobre, Maestre e maestri d’Italia, la nuova serie di podcast di Chora Media per Vita.it, in collaborazione con Fondazione Cariplo, da sempre impegnata sul fronte contrasto alla povertà educativa e che dunque ha scelto di sostenere il progetto per valorizzare la figura fondamentale degli insegnanti.
La voce autoriale di Alessandro Banfi raccoglie otto ritratti di altrettanti educatori italiani che hanno fatto della propria vita una vera missione, dentro e fuori le aule di scuola.
Da personaggi che hanno fatto la storia della scuola, quali Maria Montessori e Alberto Manzi, sino ai grandi maestri che ancora oggi si battono per un sistema educativo più equo ed accessibile a tutti, come Rachele Furfaro e Alex Corlazzoli, il podcast aiuta a ricordare donne e uomini italiani che hanno dedicato la propria vita all’insegnamento con il solo grande obiettivo di accogliere, educare e soprattutto prendersi cura dell’altro nel rispetto delle unicità di ciascuno.
La serie podcast Maestre e maestri d’Italia è disponibile dal 4 ottobre sulle app free (Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Google Podcast) con un nuovo episodio ogni settimana per otto settimane.
Ecco la seconda puntata, dedicata al maestro Alberto Manzi:
Credits
Maestre e maestri d’Italia è una serie podcast di Chora Media Chora media per Vita.it in collaborazione con Fondazione Cariplo. Scritta da Alessandro Banfi con il supporto redazionale di Simone Clemente.
I fonici di presa diretta sono David Aliperti, Davide DeBenedetti, Andrea Girelli,Mattia Liciotti, Filippo Moretti, Azzurra Stirpe. Le registrazioni in studio sono a cura di Aurora Ricci.
La post-produzione e il sound design sono di Davide DeBenedetti per Filmico. La senior producer è Anna Nenna. La cura editoriale è di Sara Poma e Francesca Berardi.
Le musiche addizionali sono su licenza Machiavelli Music e Universal Music Publishing Ricordi srl.
Bambini e bambine davanti alle immagini di guerra: quale ascolto da parte degli adulti? Quali parole e atteggiamenti possono aiutare scuole e famiglie?
Ne abbiamo parlato Mercoledì 16 marzo in un incontro online per insegnanti e genitori in cui sono intervenuti:
Francesca Cesarotti, Responsabile Education Amnesty Italia
Federica Zanetti, Università di Bologna
Lucia Biondelli, Riccardo Sirri, Giovanni Sapucci, Educaid
Alice Bigli, Allenatori di lettura
Alessia Canducci ci accompagna con una selezione di parole, versi e storie
Alessandra Falconi, Centro Alberto Manzi
La registrazione dell’incontro
L’incontro è stato promosso dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e organizzato dal Centro Alberto Manzi.
I testi letti da Alessia Canducci: 1- ll racconto La Collina in: Favole di pace, Mario Lodi ed. ets 2- I diritti naturali di bambine e bambini, Gianfranco Zavalloni, Un Manifesto, a cura di Mario Turci, Fulmino edizioni
La bibliografia di Alice Bigli: – Gianni Rodari, La torta in cielo – Gianni Rodari, La guerra delle campane – Gianni Rodari, L’armonica del soldato – Dr. Seuss, La battaglia del burro – David McKee, I conquistatori – Davide Calì, Il nemico – Janne Teller, Immagina di essere in guerra
È stata una lotta dura, fino alla fine. Mi sono sentito la terra in bocca, bruciato dal caldo e infastidito dal sudore, ma più che aumentavano sofferenza, dolore e senso di ingiustizia, per un male cieco, assurdo e diabolico, più cresceva la chiarezza sul senso della libertà.
Credo che questo racconto potrebbe essere adottato dalle facoltà di teologia per far entrare nel mistero del diavolo (il separatore, colui che, mentendo, accusa una parte perché l’altra entri in conflitto). Lo stesso vale per le scienze politiche, perché non venga mai smarrito il senso dell’agire pubblico. E così a scienza dell’educazione, per dire che il sapere deve avere il sapore del pane e della terra, l’onore del sudore e della fatica.
Le parole imparate a servizio di tutti, del pensiero, dell’autonomia e della libertà di tutti. Il vero vincitore è il noi collettivo tessuto sul mantra che percorre tutto il libro: “Ogni altro sono io ..sentivano che quella frase voleva dire tutto, ma non capivano come poteva essere messa in pratica, come farlo capire agli altri”. Qui c’è un programma che una vita intera spesso è insufficiente a realizzare, ma rimane una direzione, una destinazione, un senso. Questa è l’attualità del paradosso di Alberto; la libertà che non evapora nemmeno davanti alla violenza più brutale e banale, come ci ha ricordato la Harendt.
Il noi aleggia come un vincitore e, mano a mano che la violenza cresce, la vittoria è sempre più netta.
Quando la parola diventa la voce della verità si sprigiona un gusto della libertà dal quale non si po’ tornare indietro. Penso al nostro lavoro di docenti e coltivo il sogno di trasmettere anche solo una scintilla di quel fuoco che quest’uomo (avrei voluto usare la U maiuscola) ha acceso in me. Un salutare bagno di umiltà davanti a quest’uomo integrale che vedeva negli altri, uomini e donne, persone compiute, libere, autentiche.
Alberto ci fa scoprire che il vuoto, la mancanza, il difetto, sono un canto alla pienezza. Forse confessare i propri limiti è il primo passo per desiderare la comunione. All’apice della violenza, Naìso ritrova la parola, forse anche il silenzio era diventato un lusso, e la ritrova davanti a un tu che la ama scatenando l’abissale libertà che spinge a donare, finalmente, anche il proprio corpo in un atto libero e liberatorio. È difficile trovare un testo che parli della risurrezione dei corpi con questa forza.
Lascio questa pagina con le lacrime grate ad Alberto, a te Sonia, a tutti coloro che si spendono nel silenzio, davvero, sempre. Posso dire anch’io che Alberto è vivo.
Tana libera libriè un programma per bambini e famiglie. Un luogo fisico caratterizzato e caratterizzante, che accoglie grandi e piccoli. È uno spazio protettoin cui si crea una relazione speciale con i libri e le storie, che libera la creatività e la fantasia di ognuno. Alessia Canducci, autrice ed attrice del programma, dà voce a racconti, rime e poesie del panorama editoriale contemporaneo per ragazzi, su argomenti che cambiano in ogni puntata.
Il Centro Alberto Manzi continua a contribuire al programma con consulenze e suggestioni, in particolare per la rubrica C’era un Maestro, dedicata proprio alla figura del maestro Manzi.
Di seguito gli spezzoni dedicati alla rubrica C’era un Maestro nelle cinque puntate pubblicate nel mese di novembre 2021.
Sabato 20 novembre si sarà l’insediamento dell’Assemblea dei ragazzi e delle ragazze, un “consiglio regionale” composto esclusivamente da giovanissimi (da 9 a 18 anni) che collaborerà direttamente all’attività dell’ufficio della Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, supportando anche il lavoro dell’Assemblea legislativa regionale.
All’insediamento saranno presenti la presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti, la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elly Schlein, il direttore generale dell’Assemblea Leonardo Draghetti e la Garante Clede Maria Garavini.
Nel 2024 festeggeremo il Centenario di Alberto Manzi e i futuri 2022 e 2023 saranno dedicati all’implementazione di uno dei progetti più importanti del Centro Alberto Manzi.
Stiamo preparando materiali video e prodotti in grado di supportare enti e associazioni nella realizzazione di eventi che confidiamo possano essere ovunque. Sarebbe bello se ogni angolo d’Italia, e non solo, festeggiasse questo grande maestro mettendosi in ascolto della sua storia, delle sue parole, di una selezione di suoi materiali. I video e i formati preparati dal Centro Alberto Manzi prevedono l’autonomia dei soggetti che vorranno fare eventi e iniziative al fine di poter essere in più luoghi contemporaneamente.
Indicativamente, il Centro Alberto Manzi metterà a disposizione degli enti che si iscriveranno al Centenario:
Materiale audiovideo: cartoni animati, spettacolo musicale su Orzowei, brevi video con presentazione di materiali d’archivio selezionati.
Mostra antologica stampata su tessuto (per almeno 3 settimane)
Pubblicazione catalogo della vita di Alberto Manzi
Logo e elementi grafici per la comunicazione coordinata
Vuoi ospitare la mostra? Vuoi organizzare un incontro, una conferenza o un corso? Sei una biblioteca, una scuola, un museo? La prima cosa da fare è iscriverti al nostro database: sarà lo strumento con cui terremo monitorata la partecipazione al Centenario.